CENNI
Il
popolo etrusco, stanziatosi in Toscana agli albori
del I millennio a.C., straordinariamente inventivo
e imprenditoriale, dette un grande contributo
culturale alla civiltà europea: sua la
prima organizzazione politica, il primo sviluppo
civile e il primo sistematico sfruttamento economico
del territorio toscano, i cui segni sono tuttora
visibili: nessun'altra regione d'Europa, tranne
la Grecia, può vantare città tri-millenarie
come Chiusi, Volterra, Cortona, Arezzo, Fiesole,
Artimino e Comeana. I Romani, subentrati nel III
secolo a.C., incrementarono le opere pubbliche
e aprirono le grandi vie di comunicazione che
collegavano lUrbe alla Gallia Cisalpina,
passando appunto per lEtruria (importantissima
la via dei pellegrini, detta Romea o Francigena,
costellata di splendidi monasteri e abbazie tuttora
visitabili). Nel periodo feudale singole città
(come Pisa, Siena, Firenze, Pistoia, Prato e Arezzo)
cominciano ad emergere e Firenze assurge al ruolo
egemone sia economicamente che culturalmente (qui
nascono la lingua italiana e il fiorino d'oro).
Col rinascimento la Toscana diviene la più
grande officina di idee e di invenzioni; Lorenzo
de Medici raccoglie intorno a sé
i migliori ingegni del tempo e diviene lago
della bilancia della politica europea. Altri momenti
di straordinario fervore culturale sono legati
successivamente alla nascita delle Accademie letterarie,
tra cui quella della Crusca, e delle Università
(a Pisa si manifesta il genio di Galileo Galilei),
allopera del granduca Pietro Leopoldo di
Lorena (17651790) e a Giampiero Vieusseux,
che nel 1812 fonda a Firenze l'omonimo gabinetto
di lettura e di discussione. Dopo lunità
dItalia (1859), Firenze per alcuni anni
diviene capitale della neonata nazione (1865).
Dopo aver pagato un alto tributo di sangue durante
i due conflitti mondiali del secolo scorso (specialmente
in seguito a feroci episodi di rappresaglia contro
i partigiani), nel 1946 la Toscana si è
espressa prevalentemente a favore dellistituzione
della Repubblica Italiana e da allora ha dato
al Paese uomini e donne di significativo spessore
civile e politico. Alle folle di turisti che oggi
pacificamente la invadono, la Toscana offre la
sua perenne vocazione alluniversalità,
testimoniata soprattutto dai suoi capolavori e
dal costante collegamento con genti e culture
di ogni luogo.
PREISTORIA
Alcune
decine di migliaia di anni fa la Toscana era coperta
di grandi laghi e per una larga fascia costiera
era sommersa dal mare.
Tutti i territori delle sue città più
importanti, ad eccezione di quello di Siena, si
trovavano allora sott'acqua, mentre le colline
alle spalle di Livorno e di Lucca erano isolotti
o strisce di terra affioranti in questo mare,
tanto che alle loro falde si trovano ancora resti
di pesci e di conchiglie, piccoli fossili e perfino
ramificazioni di corallo. Grosse isole erano anche
il promontorio di Piombino e il monte Argentario
Con il prosciugarsi dei laghi e la formazione
dei bacini fluviali, la corsa a valle dei fiumi
più grossi accumulò poi detriti
e depositi alluvionali nelle zone più basse,
formando le diverse pianure toscane, quelle in
cui oggi sorgono Grosseto, Pisa, Firenze e Pistoia.
Con il ritirarsi del mare si depositarono anche
lungo la costa larghe fasce di sabbia e argilla
(per esempio quella corrispondente alla attuale
Versilia) dove l'acqua ristagnava paludosa e infetta
condizionando il paesaggio vegetale e l'evoluzione
animale, oltrechè naturalmente gli insediamenti
umani.
Altri acquitrini si formavano intanto anche nell'entroterra,
nella Valdichiana e nel Valdarno inferiore tra
Bientina e Fucecchio.
Nel lungo periodo delle glaciazioni (quaternario
antico) piccoli depositi glaciali si formarono
sotto le vette più alte dell'Appennino
tosco-emiliano e contemporaneamente si verificarono
importanti fenomeni vulcanici di cui restano tracce
evidenti soprattutto nella parte meridionale della
regione, tuttora dominata dal monte Amiata (1770
s.l.m.), grande vulcano ormai spento e punteggiato
di formazioni laviche (Roccastrada, Campiglia
Marittima, Capraia), di imponenti speroni di tufo
(Sorano, Pitigliano) e di riserve di vapore compresso
che erompono nei soffioni di Larderello e nelle
sorgenti termiche della Val d'Orcia.
Nelle varie fasi preistoriche, dal paleolitico
medio fino all'età del ferro, gli insediamenti
umani hanno lasciato segni numerosi e diffusi
(presso Arezzo, in Mugello, nelle Apuane, vicino
a Talamone, a Cortona, a Montespertoli, a Pomarance)
in grotte e anfratti rupestri.
A quell'epoca gli uomini vivevano raggruppati
in forme tribali nei boschi presso laghi e corsi
d'acqua, in pendii al riparo dai pericoli delle
immense e malsane paludi.
Su queste genti si innestò, intorno al
primo millennio avanti Cristo, la più definita
e matura civiltà degli Etruschi.
ETA
ETRUSCA
Invasori,
guerrieri o mercanti industriosi, occidentali
o venuti dal lontano oriente, gli Etruschi rappresentarono
la prima radice omogenea della regione.
Stabilitisi prima tra l'Arno e il Tevere, si espansero
in seguito su un territorio molto più vasto
dell'attuale Toscana, comprendente anche l'Umbria
e parte del Lazio, spingendosi a nord fino alla
odierna Liguria.
Il primo contributo della Toscana alla civiltà
europea è contraddistinto dalla straordinaria
inventiva e dalla imprenditorialità del
popolo etrusco.
Lo sfruttamento delle fertili vallate e delle
miniere metallifere, unitamente allo sviluppo
mercantile, caratterizzarono fortemente la civiltà
di questo popolo ricco di immaginazione, di religiosità
e di estro artistico. Agli Etruschi si devono
la prima organizzazione politica, il primo sviluppo
civile e il primo sistematico sfruttamento economico
del territorio toscano.
Essi trasformarono i dispersi abitati preistorici
in città la cui vita si è sviluppata
nei secoli fino all'età contemporanea.
Città come Chiusi, Volterra, Cortona, Arezzo,
Fiesole, Artimino, Comeana hanno una continuità
di tre millenni che, a parte la Grecia, non può
vantare nessun'altra regione d'Europa.
Gli Etruschi non formarono mai un vero e proprio
stato unitario; il loro sistema si fondò
(come peraltro quello dei Greci) sulla coesistenza
di città autonome e talora persino in lotta
tra loro.
Tuttavia era presente, in questo popolo, un forte
sentimento di unità nazionale e religiosa;
nel VII secolo a.C. l'egemonia etrusca si estese
su gran parte dell'Italia centrosettentrionale
(lambendo anche la pianura padana) giungendo anche
a controllare la Corsica.
I caratteri di questa civiltà si stemperarono
però rapidamente. Già nel V secolo
cominciò la decadenza, dovuta alla incapacità
di resistere alle forti pressioni provenienti
sia dal mare (ad opera dei Greci e dei Cartagine),
sia da terra (da parte dei Galli e dei Romani).
Ritiratisi progressivamente, gli Etruschi soggiacquero
infine alla supremazia di Roma.
ETA
ROMANA
I
Romani imposero il loro dominio in Toscana già
agli albori del III secolo a.C., tra le ultime
guerre sannitiche e la prima guerra punisca. Anche
se a tratti ostacolata o rallentata da alleanze
degli Etruschi con in Galli, la conquista fu peraltro
favorita, non di rado, dalla amicizia di alcune
città etrusche come Arezzo, Cortona e Perugia.
Non può dirsi, tuttavia, che la romanizzazione
estinse completamente la grande civiltà
preesistente sul suolo di Toscana, poichè
non poco di essa trapassò nei nuovi conquistatori.
Il ceto dominante etrusco fu gradualmente assorbito
nella romanità, anche per la lingua: nell'ultimo
secolo a.C. l'etrusco è quasi interamente
soppiantato dal latino, a causa delle forti immigrazioni
di coloni che innovarono profondamente le città
vecchie o ne fondarono di nuove. Nel primo secolo
della dominazione la regione continuò a
prosperare favorita dal governo romano. Il territorio
fu in gran parte ordinato secondo il sistema della
federazione, che lasciava una certa autonomia
formale alle città e che durò fino
alla concessione della cittadinanza romana a tutte
le genti italiche (91 a.C.).
Roma diede inoltre particolare impulso alle opere
pubbliche e specialmente alle grandi vie di comunicazione
che congiungevano l'Urbe all'Etruria e, di qui,
alla Gallia cisalpina. Tra queste la via Aurelia
(lungo il mare), la Clodia (che da Veio si allacciava
all'Aurelia), la Cassia (da Roma a Fiesole) e
la Flaminia (che per Arezzo attraversava l'Appennino
scendendo nell'Emilia).
Ciò nonostante, nell'ultimo periodo dell'età
repubblicana l'Etruria andò incontro ad
un decadimento sempre più marcato. Fattori
di tale decadimento furono sia le guerre civili
dei Romani (che ebbero teatro proprio in Etruria),
sia il flagello della malaria, molto diffusa sulla
fascia costiera.
A ciò si aggiunse la crisi della coltura
a grano (non più redditizia per le importazioni
dall'Oriente e dall'Egitto) e dell'industria mineraria.
All'inizio dell'età imperiale l'Etruria
appariva dunque una regione in forte declino e
soggetta ad un progressivo spopolamento.
L'imperatore Augusto cercò, con opportune
leggi, di risollevare le sorti della regione costituendo
nell'Etruria la "VII regione", avente
per confine settentrionale l'appennino tosco-emiliano
e per confine meridionale il fiume Tevere. Alla
fine del III secolo l'imperatore Diocleziano introdusse
un nuovo ordinamento: l'Etruria (che già
veniva chiamata "Tuscia") venne unita
amministrativamente all'Umbria.
A capo della regione fu posto un "Corrector",
che aveva sede a Florentia. In seguito, sul finire
dell'impero, la parte nord dell'Etruria fu poi
unita all'Emilia.
MEDIOEVO
I
Romani imposero il loro dominio in Toscana già
agli albori del III secolo a.C., tra le ultime
guerre sannitiche e la prima guerra punisca. Anche
se a tratti ostacolata o rallentata da alleanze
degli Etruschi con in Galli, la conquista fu peraltro
favorita, non di rado, dalla amicizia di alcune
città etrusche come Arezzo, Cortona e Perugia.
Non può dirsi, tuttavia, che la romanizzazione
estinse completamente la grande civiltà
preesistente sul suolo di Toscana, poichè
non poco di essa trapassò nei nuovi conquistatori.
Il ceto dominante etrusco fu gradualmente assorbito
nella romanità, anche per la lingua: nell'ultimo
secolo a.C. l'etrusco è quasi interamente
soppiantato dal latino, a causa delle forti immigrazioni
di coloni che innovarono profondamente le città
vecchie o ne fondarono di nuove. Nel primo secolo
della dominazione la regione continuò a
prosperare favorita dal governo romano. Il territorio
fu in gran parte ordinato secondo il sistema della
federazione, che lasciava una certa autonomia
formale alle città e che durò fino
alla concessione della cittadinanza romana a tutte
le genti italiche (91 a.C.).
Roma diede inoltre particolare impulso alle opere
pubbliche e specialmente alle grandi vie di comunicazione
che congiungevano l'Urbe all'Etruria e, di qui,
alla Gallia cisalpina. Tra queste la via Aurelia
(lungo il mare), la Clodia (che da Veio si allacciava
all'Aurelia), la Cassia (da Roma a Fiesole) e
la Flaminia (che per Arezzo attraversava l'Appennino
scendendo nell'Emilia).
Ciò nonostante, nell'ultimo periodo dell'età
repubblicana l'Etruria andò incontro ad
un decadimento sempre più marcato. Fattori
di tale decadimento furono sia le guerre civili
dei Romani (che ebbero teatro proprio in Etruria),
sia il flagello della malaria, molto diffusa sulla
fascia costiera.
A ciò si aggiunse la crisi della coltura
a grano (non più redditizia per le importazioni
dall'Oriente e dall'Egitto) e dell'industria mineraria.
All'inizio dell'età imperiale l'Etruria
appariva dunque una regione in forte declino e
soggetta ad un progressivo spopolamento.
L'imperatore Augusto cercò, con opportune
leggi, di risollevare le sorti della regione costituendo
nell'Etruria la "VII regione", avente
per confine settentrionale l'appennino tosco-emiliano
e per confine meridionale il fiume Tevere. Alla
fine del III secolo l'imperatore Diocleziano introdusse
un nuovo ordinamento: l'Etruria (che già
veniva chiamata "Tuscia") venne unita
amministrativamente all'Umbria.
A capo della regione fu posto un "Corrector",
che aveva sede a Florentia. In seguito, sul finire
dell'impero, la parte nord dell'Etruria fu poi
unita all'Emilia.
RINASCIMENTO
Nel
1406 Firenze assoggetta definitivamente Pisa,
mentre Prato era passato sotto il suo dominio
politico nel 1351. Poco dopo è la volta
di Livorno (ancora un piccolo porto), mentre né
la Lucca dei Guinigi né la Siena dei Petrucci
possono più gareggiare con gli splendori
dell'umanesimo fiorentino, con il fervore creativo
dei suoi cenacoli letterari e filosofici.
Col rinascimento si afferma coscientemente la
centralità dell'uomo e della natura (elementi
già percepibili nel secolo precedente).
Quanto più la società civile e l'economia
si affrancano dalle catene della dottrina ecclesiastica
e dal dominio feudale, tanto più l'uomo
si rivolge con decisione e consapevolezza alla
immediata realtà della percezione fisica
e sensoriale. La Toscana diviene la più
grande officina di idee e di invenzioni. I rigidi
schemi del passato cedono il passo ad un linguaggio
libero, limpido, ben articolato. Un arricchimento
culturale così ampio e profondo non trova
riscontro in nessun altra parte del mondo di allora.
Il secolo XV è contrassegnato dalla ascesa
della famiglia dei Medici (originaria del Mugello),
la quale acquista in Firenze un ruolo egemonico
fino ad impadronirsi pienamente del potere politico.
Abbattute le famiglie rivali (tra cui gli Albizzi)
nel 1434 l'oligarchia si trasforma di fatto, anche
se non ancora di diritto, in una vera e propria
signoria. I Medici governano con splendore, dando
incremento vastissimo al commercio, all'industria,
alle arti e alle lettere, il che porta Firenze
ad essere capitale ricca e vivace di un vasto
territorio e centro culturale ineguagliabile.
Con i suoi 100.000 abitanti (Londra ne conta appena
40.000!), la città toscana è a quell'epoca
uno dei più grandi centri del mondo, paragonabile
all'odierna New York. Sul piano politico, civile
e culturale, la trasformazione delle vecchie istituzioni
in un potere nuovo e più chiaramente personale
è compiutamente incarnata da Lorenzo de'Medici,
detto "Il Magnifico", nipote di Cosimo
il Vecchio e che assume il potere nel 1469. La
saggia politica di equilibrio che egli conduce
nei rapporti con gli altri Stati garantisce un
lungo periodo di pace e di prosperità,
mentre la sua personale inclinazione alle cose
d'arte e il suo mecenatismo fanno sì che
Firenze raggiunga in quegli anni il massimo splendore.
Il volto della città si trasforma. I nuovi
ideali si concretizzano non solo nella edificazione
di un grande apparato architettonico, monumentale
e decorativo, ma nella collocazione di tutto ciò
all'interno di un tessuto urbano ridisegnato secondo
la nuova concezione di vita. Protagonisti di questo
nuovo modo di pensare sono Filippo Brunelleschi
(si può dire che con lui nasce l'architettura
moderna), Donatello, Alberti, Ghiberti, Masaccio,
Botticelli, Piero della Francesca e lo stesso
Leonardo da Vinci.
Durante il gran conflitto europeo fra monarchia
francese e monarchia austro-spagnola, nella prima
metà del XVI secolo la Toscana potè
serbare una sua formale indipendenza soprattutto
grazie alla accorta politica di due papi medicei
nepotisti (Leone X e Clemente VII) e di quella
del loro nipote Cosimo I.
Nel 1530 l'imperatore Carlo V eleva i Medici alla
dignità ereditaria di duchi e nel 1569
la Toscana (sotto Cosimo I) fu eretta a granducato.
Ormai, dopo la conquista dello Stato di Siena
(1559), tutta la Toscana, tranne la piccola repubblica
di Lucca, è politicamente unificata sotto
la salda signoria medicea, che durerà per
altri due secoli.
Frattanto il tenore di vita stava mutando: alle
grandi imprese commerciali, industriali e bancarie
si preferivano investimenti in proprietà
terriere. La magnificenza dei ricchi si esprimeva
in imponenti palazzi patrizi e in fastose ville
di campagna.
Così, alle istanze del negotium, si aggiungeva
il privilegio dell'otium. È proprio in
questo scorcio di secolo che fu portata a compimento
una tra le più notevoli e strabilianti
realizzazioni della dinastia medicea: la villa
di Pratolino. Francesco I (già nel 1564
chiamato a reggente dal padre Cosimo I) non si
dedicò soltanto alla definitiva sistemazione
degli Uffizi in Galleria (per conservare le opere
d'arte della famiglia), ma anche all'acquisto
di pregevoli palazzi e di terreni fuori cittagrave.
La villa di Pratolino fu costruita nel mezzo di
un parco di 20 ettari, a sua volta inserito in
una operosa fattoria che superava i 600 ettari
di estensione.
Il possedimento era situato a 12 chilometri da
Firenze al valico delle colline a nord della città,
lungo l'antica strada romana che attraversava
l'Appennino. Proprio il nome di "colosso
dell'Appennino" fu dato alla imponente statua
(opera del Giambologna) , oggi ancora integra,
che fu cuore di un parco modellato secondo un
disegno simbolico suggestivo e complesso, dominato
dall'acqua quale elemento generatore di tutte
le cose e metafora del perpetuo. Anche la Villa
Ambra di Poggio a Caiano, iniziata dal Magnifico
su disegno di Giuliano da sangallo trova il suo
compimento nel 1520.
SEICENTO
In
un mondo diviso tra grandi e potenti Stati centralizzati
la Toscana stenta a conservare un ruolo primario.
Agli inizi del XVII secolo la "virtù"
fiorentina si indebolisce in tutti i campi. La
vita intellettuale ed artistica continua a fiorirvi,
ma già da tempo i papi medicei tendono
a spostare a Roma il centro della cultura attirandovi
il genio fiorentino (è a Roma che nel 1564
muore Michelangelo, l'ultimo grande fiorentino
con il quale si chiude il periodo splendido di
Firenze).
Peraltro dei sette granduchi medicei sono pochi
i principi di rilievo. Tra questi Ferdinando I
(1587 - 1609), che continua in tutti i sensi la
politica del grande Cosimo I e dà nuovo
impulso all'opera storicamente più importante
del Granducato: il porto di Livorno. Questo, grazie
ad una politica di libera apertura alle navi e
alle merci straniere, salì rapidamente
al ruolo di importante emporio mediterraneo. Livorno
divenne la seconda città del granducato,
dopo Firenze, per numero di abitanti ed operosità
delle imprese. Intanto Prato con la sua fiorente
attività tessile aveva aumentato prestigio
nel Granducato e sui mercati italiani ed europei,
malgrado le leggi protettive medicee a favore
delle manifatture tessili fiorentine il lanificio
pratese seppe adattarsi alle nuove regole produttive
e proseguì la sua ascesa fino a far diventare
la città il più importante centro
tessile della Toscana.
Firenze, come centro manifatturiero, manteneva
una certa superiorità sulle altre città
anche grazie ai privilegi concessi a favore delle
corporazioni artigiane. Negli altri centri l'amministrazione
rimase incentrata in una oligarchia che si restrinse
sempre più in un piccolo patriziato cittadino,
che via via si insignì di titoli nobiliari
(conti, marchesi, baroni). Gli elementi più
vivaci di questo patriziato si impegnarono occasionalmente
in imprese contro i Turchi (che vide la Toscana
alleata dell'Impero) o per la difesa della libertà
di navigazione nel Tirreno (in accordo con l'Ordine
dei Cavalieri di Santo Stefano con sede a Pisa).
Alcuni principi medicei ebbero propensione per
gli studi, promossero ricerche e raccolte di opere
d'arte.
A Firenze si sviluppò un nuovo ambiente,
quello delle Accademie, che riunivano studiosi
attenti assiduamente impegnati nel fissare le
norme dei generi artistici e letterari. Da allora
le Accademie fiorirono nel mondo intero. Tra quelle
sorte a Firenze, la più nota fu (ed è
ancora) l'Accademia della Crusca, che nel 1612
pubblicò il primo vocabolario della lingua
italiana.
Non si devono dimenticare le tre Università
toscane. Tra queste, nel seicento, la più
viva fu certo Pisa, favorita anche dalla generosità
del granduca Ferdinando II (1621 - 1670) che protesse
il grande pisano Galileo Galilei.
SETTECENTO
Per
tutto il seicento la dinastia medicea va indebolendosi
fin quando, agli inizi del '700, il granducato
di Toscana diventa un problema europeo.
Infatti nessuno dei due figli di Cosimo III (1670
- 1722) aveva eredi. Quando nel 1737 morì
Gian Gastone, l'ultimo dei Medici, furono le grandi
potenze a decidere: la Toscana sarebbe stata data
a Francesco Stefano, ex duca di Lorena e consorte
di Maria Teresa d'Asburgo, l'unica figlia dell'imperatore
Carlo VI. Questi, tuttavia, si limitò ad
una visita solenne a Firenze nel 1739 (di cui
rimane memoria nell'arco di trionfo della Porta
San Gallo), affidando poi la cura del granducato
ad un Consiglio di reggenza e ad un esercito composto
di lorenesi e lombardi.
Il granducato perde così ogni autonomia
e diviene un satellite dell'impero. Ma nella seconda
metà del settecento il risveglio spontaneo
di forze indigene, non ostacolato dai governatori
reggenti, fa sì che la Toscana cominci
a risollevarsi dal torpore in cui era caduta sotto
gli ultimi granduchi medicei. Nel 1753 nomi illustri
del patriziato e della borghesia intellettuale
danno vita alla Accademia dei Georgofili, mediante
la quale si esprimono gli interessi di una Toscana
non più manifatturiera e mercantile ma
essenzialmente agraria.
Con Pietro Leopoldo (1765 -1790) il granducato
di Toscana, secondo-genitura della casa degli
Asburgo-Lorena, acquista una vera autonomia. In
una Toscana in cui l'agricoltura è divenuta
l'attività principale, mentre l'industria
e il commercio perdono di importanza ad eccezione
del territorio pratese ormai vocato all'attività
tessile ed alla commercializzazione dei suo prodotti,
il granduca introduce una serie di riforme. Nel
1770 viene istituita, tra l'altro, una Camera
di Commercio delle Arti e delle Manifatture, la
prima in Italia.
Ferdinando III, successore di Pietro Leopoldo
(che nel 1790 è divenuto imperatore), non
riuscì ad impedire l'occupazione dell'intera
Toscana da parte delle truppe francesi di Napoleone.
Questa occupazione durò dal 1799 al 1814.
Dapprima (nel 1801) Firenze fu capitale del regno
d'Etruria (che Napoleone cedette ai borboni di
Parma), in seguito (nel 1807) la Toscana, unita
al grande impero francese, fu divisa in tre dipartimenti,
i quali furono poi di nuovo riuniti in un unico
granducato (affidato da Napoleone alla sorella
Elisa Baciocchi).
OTTOCENTO
La
restaurazione del 1814 fu gestita da Ferdinando
III, che finì con l'annientare ogni libertà
comunale nominando egli stesso i gonfalonieri
delle città. Ma l'occupazione francese
aveva introdotto nelle nuove classi colte del
paese il fermento della libertà e dell'indipendenza
nazionale, cui i granduchi erano contrari (essendo
legati alla politica austriaca).
L'opinione pubblica, quindi, comincia progressivamente
a distaccarsi da essi. Nel 1819 Giampiero Vieusseux
fonda a Firenze l'omonimo gabinetto di lettura
e di discussione, che diventa ben presto il centro
delle nuove idee basate sul desiderio di indipendenza
nel quadro di una Italia unitaria. Firenze, per
la forza di queste idee ed anche per la sua eccezionale
tradizione, torna ad essere il centro intellettuale
d'Italia ed uno dei più importanti d'Europa.
A Firenze soggiornano tutti gli ingegni della
Giovane Italia (tra i quali Foscolo, Manzoni,
Leopardi, Tommaseo), ma anche illustri stranieri
come Chateaubriand, Shelley, Byron, von Platen.
Dal 1824 il nuovo granduca Leopoldo II si sforza
di fare della Toscana uno Stato moderno bonificando
la Maremma, stimolando i commerci di Prato e di
Livorno ,sovvenzionando la costruzione di linee
ferroviarie e, addirittura, facendo costruire
tra Firenze e Pisa (nel 1846) la prima linea telegrafica
d'Italia. Ma tra Leopoldo e il suo popolo si è
aperto un solco non più colmabile. Durante
la sollevazione del 1848 il granduca fugge a Roma
e poi a Gaeta.
L'anno dopo torna a Firenze con l'appoggio delle
truppe austriache, ma dovrà rassegnarsi
ad un esilio definitivo quando, nel 1859, scoppia
la guerra tra il re di Sardegna (sostenuto dalla
Francia) e l'Austria.
A Firenze si costituisce un governo provvisorio
e, nel 1860, viene organizzato da Bettino Ricasoli
un plebiscito che sancisce l'annessione dell'intero
paese al regno di Sardegna-Piemonte. Così
il 16 aprile 1860 Vittorio Emanuele II fa il suo
ingresso i Firenze, che abbandona coscientemente
la propria tradizione di libertà per confluire
nella grande patria comune. La città si
afferma immediatamente come uno dei centri essenziali
dell'Italia unita. Nel 1861 viene allestita a
Firenze la prima esposizione italiana dell'industria
e dell'artigianato. Nasce il quotidiano "La
Nazione", dal titolo significativo. Qualche
anno più tardi (nel 1865) Firenze diviene
la prima capitale del regno d'Italia. Pochi anni
dopo, tuttavia, la capitale e il governo si trasferiscono
a Roma, e Firenze ridiviene un centro regionale
dove hanno sede l'arcivescovo, una Corte d'Appello,
un comando di corpo d'armata, un Provveditore
agli studi.
Dato che la Toscana è un paese essenzialmente
agricolo, Firenze è soprattutto un grande
mercato di vino, di olio, di granaglie e di bestiame.
Si sviluppano, però, anche alcune industrie
importanti come la fonderia del Pignone (che utilizza
il ferro dell'isola d'Elba) e la fabbrica di ottica
e strumenti di precisione che prende il nome di
Galileo. Frattanto Firenze si trasforma, realizzando
le sistemazioni previste dall'architetto Giuseppe
Poggi, tra cui la cerchia dei viali di circonvallazione.
La qualità della Università attira
eminenti studiosi, grazie alla presenza dei quali
Firenze continua ad essere il vero centro intellettuale
d'Italia. Insieme a Milano, Firenze è anche
uno dei due centri dell'editoria italiana. L'artigianato
fiorentino conserva una qualità inimitabile
e si esprime in prodotti come i ricami, le pelli
lavorate, le ceramiche, le sculture, i mosaici,
i legni scolpiti, i metalli lavorati, i vetri
artistici e la celeberrima paglia intrecciata.
A Prato, dalla metà del secolo, l'attività
tessile assume la dimensione d'industria moderna
per effetto della rivoluzione industriale che
porta sostanziali innovazioni sui macchinari e
sulle tecnologie.
ETA
CONTEMPORANEA
Nel
primo decennio del secolo XX la vita intellettuale
in Toscana, che era stata florida nel granducato
lorenese e che aveva poi ceduto un poco a Roma,
Milano e Napoli, si riprese grazie a movimenti
non soltanto letterari ma anche apertamente politici,
promossi da riviste fiorentine di livello nazionale
come "La Voce" di Prezzolini e Papini
o "Il Regno" di Corradini.
L'allargamento del diritto di voto, fino al suffragio
universale, irrobustì le posizioni di sinistra
in molti comuni medi e rurali, mentre le forze
cattoliche si accordavano con quelle liberali
contro il pericolo socialista che appariva particolarmente
grave a causa della crescente industrializzazione
del paese (i cantieri Orlando a Livorno, i lanifici
di Prato, le cartiere della Lima, l'industria
di Larderello etc..).
Tuttavia i conflitti di classe, il sorgere delle
prime amministrazioni comunali socialiste, l'ascesa
di nuove forze politiche e il declino di altre
non costituirono un ostacolo al progresso generale
della regione che, come tutta l'Italia, beneficiò
del periodo d'oro dei primi lustri del secolo.
La prima guerra mondiale (1914 - 1918), che sorprese
la Toscana in una fase di notevole sviluppo industriale,
ebbe una serie di ripercussioni economiche e politiche
che dettero origine a un periodo di violente agitazioni,
comuni alla maggior parte d'Italia.
Dopo il 1922 anche la Toscana si adattò
alla dittatura fascista. I coraggiosi tentativi
di opposizione (tra cui quello della rivista "Non
mollare") si esaurirono rapidamente sotto
la violenza delle persecuzioni che culminarono
nel 1925 a Firenze con una serie di uccisioni.
Nella seconda guerra mondiale (1940 - 1945) anche
le città toscane furono esposte quasi tutte
ai bombardamenti, con danni notevoli specialmente
a Livorno, Pisa e Firenze. Le disgraziate vicende
militari, e la sensazione del crollo imminente
del fascismo, accelerarono la ricostituzione clandestina
dei vari partiti e l'inizio di una lotta decisa
che, dopo l'8 settembre 1943, divenne lotta contro
i tedeschi. Le popolazioni toscane, sia cittadine
che rurali, diedero un grande contributo di coraggio
e di sangue alla resistenza, e anche in Toscana
non mancarono episodi di feroce rappresaglia contro
i partigiani.
Ristabilita la pace, nel referendum del 1946 la
Toscana si pronunciò a larga maggioranza
a favore della istituzione della repubblica. Da
allora la regione ha dato un contributo notevole
di uomini che hanno spesso ricoperto posizioni
di primo piano nella vita politica nazionale.
Sul piano economico, i successi della piccola
e media industria e dell'artigianato hanno consolidato
il prestigio della Toscana a livello internazionale.
Ma una delle più fiorenti attività
della Toscana contemporanea è il turismo,
i cui punti di forza sono costituiti, oltre che
dalla bellezza e varietà dell'ambiente,
dalla grandezza che le hanno dato gli alti ingegni
dei secoli passati. Ai ricchi viaggiatori del
settecento e ai letterati, artisti ed esteti dell'ottocento
si succedono, oggi, folle di turisti che vengono
a contemplare alcune delle opere più meravigliose
dell'uomo.
La Toscana di oggi ha conservato, modificandolo,
il suo carattere universale il quale non dipende
più tanto dalla espansione dei suoi mercati
e dei suoi prodotti quanto dalla qualità
umana dei capolavori che custodisce e dalla varia
origine delle folle che la visitano.
Per
i testi si ringrazia lAPT Toscana
PERSONAGGI
CELEBRI DI ORIGINE TOSCANA
Aldo Palazzeschi
Amedeo Modigliani
Amerigo Vespucci
Andrea del Verrocchio
Andrea della Robbia
Antonio Meucci
Baccio D'Agnolo
Beato Angelico
Benvenuto Cellini
Bernardino da Siena
Carlo Azeglio Ciampi
Carlo Collodi
Cecco Angiolieri
Curzio Malaparte
Dante Alighieri
Donatello
Duccio di Buoninsegna
Filippo Brunelleschi
Francesco Datini
Francesco Guicciardini
Francesco Petrarca
Galileo Galilei
Giacomo Puccini
Gian Lorenzo Bernini
Giorgio Vasari
Giosuè Carducci
Giotto
Giovanni Boccaccio
Giovanni Gronchi
Girolamo Savonarola
Giuseppe Ungaretti
Leonardo da Vinci
Leon Battista Alberti
Lorenzo de Medici
Lorenzo Ghiberti
Luca della Robbia
Marsilio Ficino
Masaccio
Michelangelo
Niccolò Machiavelli
Niccolò Pisano
Oreste Del Buono
Piero della Francesca
Pietro Mascagni
Pontormo
Rosso Fiorentino
Sandro Botticelli
Santa Caterina da Siena
Vasco Pratolini
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