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Il tempo in toscana
A cura del LAMMA
STORIA DELLA TOSCANA

CENNI

Il popolo etrusco, stanziatosi in Toscana agli albori del I millennio a.C., straordinariamente inventivo e imprenditoriale, dette un grande contributo culturale alla civiltà europea: sua la prima organizzazione politica, il primo sviluppo civile e il primo sistematico sfruttamento economico del territorio toscano, i cui segni sono tutt’ora visibili: nessun'altra regione d'Europa, tranne la Grecia, può vantare città tri-millenarie come Chiusi, Volterra, Cortona, Arezzo, Fiesole, Artimino e Comeana. I Romani, subentrati nel III secolo a.C., incrementarono le opere pubbliche e aprirono le grandi vie di comunicazione che collegavano l’Urbe alla Gallia Cisalpina, passando appunto per l’Etruria (importantissima la via dei pellegrini, detta Romea o Francigena, costellata di splendidi monasteri e abbazie tuttora visitabili). Nel periodo feudale singole città (come Pisa, Siena, Firenze, Pistoia, Prato e Arezzo) cominciano ad emergere e Firenze assurge al ruolo egemone sia economicamente che culturalmente (qui nascono la lingua italiana e il fiorino d'oro). Col rinascimento la Toscana diviene la più grande officina di idee e di invenzioni; Lorenzo de’ Medici raccoglie intorno a sé i migliori ingegni del tempo e diviene l’ago della bilancia della politica europea. Altri momenti di straordinario fervore culturale sono legati successivamente alla nascita delle Accademie letterarie, tra cui quella della Crusca, e delle Università (a Pisa si manifesta il genio di Galileo Galilei), all’opera del granduca Pietro Leopoldo di Lorena (1765–1790) e a Giampiero Vieusseux, che nel 1812 fonda a Firenze l'omonimo gabinetto di lettura e di discussione. Dopo l’unità d’Italia (1859), Firenze per alcuni anni diviene capitale della neonata nazione (1865). Dopo aver pagato un alto tributo di sangue durante i due conflitti mondiali del secolo scorso (specialmente in seguito a feroci episodi di rappresaglia contro i partigiani), nel 1946 la Toscana si è espressa prevalentemente a favore dell’istituzione della Repubblica Italiana e da allora ha dato al Paese uomini e donne di significativo spessore civile e politico. Alle folle di turisti che oggi pacificamente la invadono, la Toscana offre la sua perenne vocazione all’universalità, testimoniata soprattutto dai suoi capolavori e dal costante collegamento con genti e culture di ogni luogo.

PREISTORIA

Alcune decine di migliaia di anni fa la Toscana era coperta di grandi laghi e per una larga fascia costiera era sommersa dal mare.
Tutti i territori delle sue città più importanti, ad eccezione di quello di Siena, si trovavano allora sott'acqua, mentre le colline alle spalle di Livorno e di Lucca erano isolotti o strisce di terra affioranti in questo mare, tanto che alle loro falde si trovano ancora resti di pesci e di conchiglie, piccoli fossili e perfino ramificazioni di corallo. Grosse isole erano anche il promontorio di Piombino e il monte Argentario
Con il prosciugarsi dei laghi e la formazione dei bacini fluviali, la corsa a valle dei fiumi più grossi accumulò poi detriti e depositi alluvionali nelle zone più basse, formando le diverse pianure toscane, quelle in cui oggi sorgono Grosseto, Pisa, Firenze e Pistoia.
Con il ritirarsi del mare si depositarono anche lungo la costa larghe fasce di sabbia e argilla (per esempio quella corrispondente alla attuale Versilia) dove l'acqua ristagnava paludosa e infetta condizionando il paesaggio vegetale e l'evoluzione animale, oltrechè naturalmente gli insediamenti umani.
Altri acquitrini si formavano intanto anche nell'entroterra, nella Valdichiana e nel Valdarno inferiore tra Bientina e Fucecchio.
Nel lungo periodo delle glaciazioni (quaternario antico) piccoli depositi glaciali si formarono sotto le vette più alte dell'Appennino tosco-emiliano e contemporaneamente si verificarono importanti fenomeni vulcanici di cui restano tracce evidenti soprattutto nella parte meridionale della regione, tuttora dominata dal monte Amiata (1770 s.l.m.), grande vulcano ormai spento e punteggiato di formazioni laviche (Roccastrada, Campiglia Marittima, Capraia), di imponenti speroni di tufo (Sorano, Pitigliano) e di riserve di vapore compresso che erompono nei soffioni di Larderello e nelle sorgenti termiche della Val d'Orcia.
Nelle varie fasi preistoriche, dal paleolitico medio fino all'età del ferro, gli insediamenti umani hanno lasciato segni numerosi e diffusi (presso Arezzo, in Mugello, nelle Apuane, vicino a Talamone, a Cortona, a Montespertoli, a Pomarance) in grotte e anfratti rupestri.
A quell'epoca gli uomini vivevano raggruppati in forme tribali nei boschi presso laghi e corsi d'acqua, in pendii al riparo dai pericoli delle immense e malsane paludi.
Su queste genti si innestò, intorno al primo millennio avanti Cristo, la più definita e matura civiltà degli Etruschi.

ETA’ ETRUSCA

Invasori, guerrieri o mercanti industriosi, occidentali o venuti dal lontano oriente, gli Etruschi rappresentarono la prima radice omogenea della regione.
Stabilitisi prima tra l'Arno e il Tevere, si espansero in seguito su un territorio molto più vasto dell'attuale Toscana, comprendente anche l'Umbria e parte del Lazio, spingendosi a nord fino alla odierna Liguria.
Il primo contributo della Toscana alla civiltà europea è contraddistinto dalla straordinaria inventiva e dalla imprenditorialità del popolo etrusco.
Lo sfruttamento delle fertili vallate e delle miniere metallifere, unitamente allo sviluppo mercantile, caratterizzarono fortemente la civiltà di questo popolo ricco di immaginazione, di religiosità e di estro artistico. Agli Etruschi si devono la prima organizzazione politica, il primo sviluppo civile e il primo sistematico sfruttamento economico del territorio toscano.
Essi trasformarono i dispersi abitati preistorici in città la cui vita si è sviluppata nei secoli fino all'età contemporanea.
Città come Chiusi, Volterra, Cortona, Arezzo, Fiesole, Artimino, Comeana hanno una continuità di tre millenni che, a parte la Grecia, non può vantare nessun'altra regione d'Europa.
Gli Etruschi non formarono mai un vero e proprio stato unitario; il loro sistema si fondò (come peraltro quello dei Greci) sulla coesistenza di città autonome e talora persino in lotta tra loro.
Tuttavia era presente, in questo popolo, un forte sentimento di unità nazionale e religiosa; nel VII secolo a.C. l'egemonia etrusca si estese su gran parte dell'Italia centrosettentrionale (lambendo anche la pianura padana) giungendo anche a controllare la Corsica.
I caratteri di questa civiltà si stemperarono però rapidamente. Già nel V secolo cominciò la decadenza, dovuta alla incapacità di resistere alle forti pressioni provenienti sia dal mare (ad opera dei Greci e dei Cartagine), sia da terra (da parte dei Galli e dei Romani).
Ritiratisi progressivamente, gli Etruschi soggiacquero infine alla supremazia di Roma.

ETA’ ROMANA

I Romani imposero il loro dominio in Toscana già agli albori del III secolo a.C., tra le ultime guerre sannitiche e la prima guerra punisca. Anche se a tratti ostacolata o rallentata da alleanze degli Etruschi con in Galli, la conquista fu peraltro favorita, non di rado, dalla amicizia di alcune città etrusche come Arezzo, Cortona e Perugia.
Non può dirsi, tuttavia, che la romanizzazione estinse completamente la grande civiltà preesistente sul suolo di Toscana, poichè non poco di essa trapassò nei nuovi conquistatori. Il ceto dominante etrusco fu gradualmente assorbito nella romanità, anche per la lingua: nell'ultimo secolo a.C. l'etrusco è quasi interamente soppiantato dal latino, a causa delle forti immigrazioni di coloni che innovarono profondamente le città vecchie o ne fondarono di nuove. Nel primo secolo della dominazione la regione continuò a prosperare favorita dal governo romano. Il territorio fu in gran parte ordinato secondo il sistema della federazione, che lasciava una certa autonomia formale alle città e che durò fino alla concessione della cittadinanza romana a tutte le genti italiche (91 a.C.).
Roma diede inoltre particolare impulso alle opere pubbliche e specialmente alle grandi vie di comunicazione che congiungevano l'Urbe all'Etruria e, di qui, alla Gallia cisalpina. Tra queste la via Aurelia (lungo il mare), la Clodia (che da Veio si allacciava all'Aurelia), la Cassia (da Roma a Fiesole) e la Flaminia (che per Arezzo attraversava l'Appennino scendendo nell'Emilia).
Ciò nonostante, nell'ultimo periodo dell'età repubblicana l'Etruria andò incontro ad un decadimento sempre più marcato. Fattori di tale decadimento furono sia le guerre civili dei Romani (che ebbero teatro proprio in Etruria), sia il flagello della malaria, molto diffusa sulla fascia costiera.
A ciò si aggiunse la crisi della coltura a grano (non più redditizia per le importazioni dall'Oriente e dall'Egitto) e dell'industria mineraria. All'inizio dell'età imperiale l'Etruria appariva dunque una regione in forte declino e soggetta ad un progressivo spopolamento.
L'imperatore Augusto cercò, con opportune leggi, di risollevare le sorti della regione costituendo nell'Etruria la "VII regione", avente per confine settentrionale l'appennino tosco-emiliano e per confine meridionale il fiume Tevere. Alla fine del III secolo l'imperatore Diocleziano introdusse un nuovo ordinamento: l'Etruria (che già veniva chiamata "Tuscia") venne unita amministrativamente all'Umbria.
A capo della regione fu posto un "Corrector", che aveva sede a Florentia. In seguito, sul finire dell'impero, la parte nord dell'Etruria fu poi unita all'Emilia.

MEDIOEVO

I Romani imposero il loro dominio in Toscana già agli albori del III secolo a.C., tra le ultime guerre sannitiche e la prima guerra punisca. Anche se a tratti ostacolata o rallentata da alleanze degli Etruschi con in Galli, la conquista fu peraltro favorita, non di rado, dalla amicizia di alcune città etrusche come Arezzo, Cortona e Perugia.
Non può dirsi, tuttavia, che la romanizzazione estinse completamente la grande civiltà preesistente sul suolo di Toscana, poichè non poco di essa trapassò nei nuovi conquistatori. Il ceto dominante etrusco fu gradualmente assorbito nella romanità, anche per la lingua: nell'ultimo secolo a.C. l'etrusco è quasi interamente soppiantato dal latino, a causa delle forti immigrazioni di coloni che innovarono profondamente le città vecchie o ne fondarono di nuove. Nel primo secolo della dominazione la regione continuò a prosperare favorita dal governo romano. Il territorio fu in gran parte ordinato secondo il sistema della federazione, che lasciava una certa autonomia formale alle città e che durò fino alla concessione della cittadinanza romana a tutte le genti italiche (91 a.C.).
Roma diede inoltre particolare impulso alle opere pubbliche e specialmente alle grandi vie di comunicazione che congiungevano l'Urbe all'Etruria e, di qui, alla Gallia cisalpina. Tra queste la via Aurelia (lungo il mare), la Clodia (che da Veio si allacciava all'Aurelia), la Cassia (da Roma a Fiesole) e la Flaminia (che per Arezzo attraversava l'Appennino scendendo nell'Emilia).
Ciò nonostante, nell'ultimo periodo dell'età repubblicana l'Etruria andò incontro ad un decadimento sempre più marcato. Fattori di tale decadimento furono sia le guerre civili dei Romani (che ebbero teatro proprio in Etruria), sia il flagello della malaria, molto diffusa sulla fascia costiera.
A ciò si aggiunse la crisi della coltura a grano (non più redditizia per le importazioni dall'Oriente e dall'Egitto) e dell'industria mineraria. All'inizio dell'età imperiale l'Etruria appariva dunque una regione in forte declino e soggetta ad un progressivo spopolamento.
L'imperatore Augusto cercò, con opportune leggi, di risollevare le sorti della regione costituendo nell'Etruria la "VII regione", avente per confine settentrionale l'appennino tosco-emiliano e per confine meridionale il fiume Tevere. Alla fine del III secolo l'imperatore Diocleziano introdusse un nuovo ordinamento: l'Etruria (che già veniva chiamata "Tuscia") venne unita amministrativamente all'Umbria.
A capo della regione fu posto un "Corrector", che aveva sede a Florentia. In seguito, sul finire dell'impero, la parte nord dell'Etruria fu poi unita all'Emilia.

RINASCIMENTO

Nel 1406 Firenze assoggetta definitivamente Pisa, mentre Prato era passato sotto il suo dominio politico nel 1351. Poco dopo è la volta di Livorno (ancora un piccolo porto), mentre né la Lucca dei Guinigi né la Siena dei Petrucci possono più gareggiare con gli splendori dell'umanesimo fiorentino, con il fervore creativo dei suoi cenacoli letterari e filosofici.
Col rinascimento si afferma coscientemente la centralità dell'uomo e della natura (elementi già percepibili nel secolo precedente). Quanto più la società civile e l'economia si affrancano dalle catene della dottrina ecclesiastica e dal dominio feudale, tanto più l'uomo si rivolge con decisione e consapevolezza alla immediata realtà della percezione fisica e sensoriale. La Toscana diviene la più grande officina di idee e di invenzioni. I rigidi schemi del passato cedono il passo ad un linguaggio libero, limpido, ben articolato. Un arricchimento culturale così ampio e profondo non trova riscontro in nessun altra parte del mondo di allora.
Il secolo XV è contrassegnato dalla ascesa della famiglia dei Medici (originaria del Mugello), la quale acquista in Firenze un ruolo egemonico fino ad impadronirsi pienamente del potere politico. Abbattute le famiglie rivali (tra cui gli Albizzi) nel 1434 l'oligarchia si trasforma di fatto, anche se non ancora di diritto, in una vera e propria signoria. I Medici governano con splendore, dando incremento vastissimo al commercio, all'industria, alle arti e alle lettere, il che porta Firenze ad essere capitale ricca e vivace di un vasto territorio e centro culturale ineguagliabile.
Con i suoi 100.000 abitanti (Londra ne conta appena 40.000!), la città toscana è a quell'epoca uno dei più grandi centri del mondo, paragonabile all'odierna New York. Sul piano politico, civile e culturale, la trasformazione delle vecchie istituzioni in un potere nuovo e più chiaramente personale è compiutamente incarnata da Lorenzo de'Medici, detto "Il Magnifico", nipote di Cosimo il Vecchio e che assume il potere nel 1469. La saggia politica di equilibrio che egli conduce nei rapporti con gli altri Stati garantisce un lungo periodo di pace e di prosperità, mentre la sua personale inclinazione alle cose d'arte e il suo mecenatismo fanno sì che Firenze raggiunga in quegli anni il massimo splendore. Il volto della città si trasforma. I nuovi ideali si concretizzano non solo nella edificazione di un grande apparato architettonico, monumentale e decorativo, ma nella collocazione di tutto ciò all'interno di un tessuto urbano ridisegnato secondo la nuova concezione di vita. Protagonisti di questo nuovo modo di pensare sono Filippo Brunelleschi (si può dire che con lui nasce l'architettura moderna), Donatello, Alberti, Ghiberti, Masaccio, Botticelli, Piero della Francesca e lo stesso Leonardo da Vinci.
Durante il gran conflitto europeo fra monarchia francese e monarchia austro-spagnola, nella prima metà del XVI secolo la Toscana potè serbare una sua formale indipendenza soprattutto grazie alla accorta politica di due papi medicei nepotisti (Leone X e Clemente VII) e di quella del loro nipote Cosimo I.
Nel 1530 l'imperatore Carlo V eleva i Medici alla dignità ereditaria di duchi e nel 1569 la Toscana (sotto Cosimo I) fu eretta a granducato. Ormai, dopo la conquista dello Stato di Siena (1559), tutta la Toscana, tranne la piccola repubblica di Lucca, è politicamente unificata sotto la salda signoria medicea, che durerà per altri due secoli.
Frattanto il tenore di vita stava mutando: alle grandi imprese commerciali, industriali e bancarie si preferivano investimenti in proprietà terriere. La magnificenza dei ricchi si esprimeva in imponenti palazzi patrizi e in fastose ville di campagna.
Così, alle istanze del negotium, si aggiungeva il privilegio dell'otium. È proprio in questo scorcio di secolo che fu portata a compimento una tra le più notevoli e strabilianti realizzazioni della dinastia medicea: la villa di Pratolino. Francesco I (già nel 1564 chiamato a reggente dal padre Cosimo I) non si dedicò soltanto alla definitiva sistemazione degli Uffizi in Galleria (per conservare le opere d'arte della famiglia), ma anche all'acquisto di pregevoli palazzi e di terreni fuori cittagrave. La villa di Pratolino fu costruita nel mezzo di un parco di 20 ettari, a sua volta inserito in una operosa fattoria che superava i 600 ettari di estensione.
Il possedimento era situato a 12 chilometri da Firenze al valico delle colline a nord della città, lungo l'antica strada romana che attraversava l'Appennino. Proprio il nome di "colosso dell'Appennino" fu dato alla imponente statua (opera del Giambologna) , oggi ancora integra, che fu cuore di un parco modellato secondo un disegno simbolico suggestivo e complesso, dominato dall'acqua quale elemento generatore di tutte le cose e metafora del perpetuo. Anche la Villa Ambra di Poggio a Caiano, iniziata dal Magnifico su disegno di Giuliano da sangallo trova il suo compimento nel 1520.

SEICENTO

In un mondo diviso tra grandi e potenti Stati centralizzati la Toscana stenta a conservare un ruolo primario. Agli inizi del XVII secolo la "virtù" fiorentina si indebolisce in tutti i campi. La vita intellettuale ed artistica continua a fiorirvi, ma già da tempo i papi medicei tendono a spostare a Roma il centro della cultura attirandovi il genio fiorentino (è a Roma che nel 1564 muore Michelangelo, l'ultimo grande fiorentino con il quale si chiude il periodo splendido di Firenze).
Peraltro dei sette granduchi medicei sono pochi i principi di rilievo. Tra questi Ferdinando I (1587 - 1609), che continua in tutti i sensi la politica del grande Cosimo I e dà nuovo impulso all'opera storicamente più importante del Granducato: il porto di Livorno. Questo, grazie ad una politica di libera apertura alle navi e alle merci straniere, salì rapidamente al ruolo di importante emporio mediterraneo. Livorno divenne la seconda città del granducato, dopo Firenze, per numero di abitanti ed operosità delle imprese. Intanto Prato con la sua fiorente attività tessile aveva aumentato prestigio nel Granducato e sui mercati italiani ed europei, malgrado le leggi protettive medicee a favore delle manifatture tessili fiorentine il lanificio pratese seppe adattarsi alle nuove regole produttive e proseguì la sua ascesa fino a far diventare la città il più importante centro tessile della Toscana.
Firenze, come centro manifatturiero, manteneva una certa superiorità sulle altre città anche grazie ai privilegi concessi a favore delle corporazioni artigiane. Negli altri centri l'amministrazione rimase incentrata in una oligarchia che si restrinse sempre più in un piccolo patriziato cittadino, che via via si insignì di titoli nobiliari (conti, marchesi, baroni). Gli elementi più vivaci di questo patriziato si impegnarono occasionalmente in imprese contro i Turchi (che vide la Toscana alleata dell'Impero) o per la difesa della libertà di navigazione nel Tirreno (in accordo con l'Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano con sede a Pisa). Alcuni principi medicei ebbero propensione per gli studi, promossero ricerche e raccolte di opere d'arte.
A Firenze si sviluppò un nuovo ambiente, quello delle Accademie, che riunivano studiosi attenti assiduamente impegnati nel fissare le norme dei generi artistici e letterari. Da allora le Accademie fiorirono nel mondo intero. Tra quelle sorte a Firenze, la più nota fu (ed è ancora) l'Accademia della Crusca, che nel 1612 pubblicò il primo vocabolario della lingua italiana.
Non si devono dimenticare le tre Università toscane. Tra queste, nel seicento, la più viva fu certo Pisa, favorita anche dalla generosità del granduca Ferdinando II (1621 - 1670) che protesse il grande pisano Galileo Galilei.

SETTECENTO

Per tutto il seicento la dinastia medicea va indebolendosi fin quando, agli inizi del '700, il granducato di Toscana diventa un problema europeo.
Infatti nessuno dei due figli di Cosimo III (1670 - 1722) aveva eredi. Quando nel 1737 morì Gian Gastone, l'ultimo dei Medici, furono le grandi potenze a decidere: la Toscana sarebbe stata data a Francesco Stefano, ex duca di Lorena e consorte di Maria Teresa d'Asburgo, l'unica figlia dell'imperatore Carlo VI. Questi, tuttavia, si limitò ad una visita solenne a Firenze nel 1739 (di cui rimane memoria nell'arco di trionfo della Porta San Gallo), affidando poi la cura del granducato ad un Consiglio di reggenza e ad un esercito composto di lorenesi e lombardi.
Il granducato perde così ogni autonomia e diviene un satellite dell'impero. Ma nella seconda metà del settecento il risveglio spontaneo di forze indigene, non ostacolato dai governatori reggenti, fa sì che la Toscana cominci a risollevarsi dal torpore in cui era caduta sotto gli ultimi granduchi medicei. Nel 1753 nomi illustri del patriziato e della borghesia intellettuale danno vita alla Accademia dei Georgofili, mediante la quale si esprimono gli interessi di una Toscana non più manifatturiera e mercantile ma essenzialmente agraria.
Con Pietro Leopoldo (1765 -1790) il granducato di Toscana, secondo-genitura della casa degli Asburgo-Lorena, acquista una vera autonomia. In una Toscana in cui l'agricoltura è divenuta l'attività principale, mentre l'industria e il commercio perdono di importanza ad eccezione del territorio pratese ormai vocato all'attività tessile ed alla commercializzazione dei suo prodotti, il granduca introduce una serie di riforme. Nel 1770 viene istituita, tra l'altro, una Camera di Commercio delle Arti e delle Manifatture, la prima in Italia.
Ferdinando III, successore di Pietro Leopoldo (che nel 1790 è divenuto imperatore), non riuscì ad impedire l'occupazione dell'intera Toscana da parte delle truppe francesi di Napoleone.
Questa occupazione durò dal 1799 al 1814. Dapprima (nel 1801) Firenze fu capitale del regno d'Etruria (che Napoleone cedette ai borboni di Parma), in seguito (nel 1807) la Toscana, unita al grande impero francese, fu divisa in tre dipartimenti, i quali furono poi di nuovo riuniti in un unico granducato (affidato da Napoleone alla sorella Elisa Baciocchi).

OTTOCENTO

La restaurazione del 1814 fu gestita da Ferdinando III, che finì con l'annientare ogni libertà comunale nominando egli stesso i gonfalonieri delle città. Ma l'occupazione francese aveva introdotto nelle nuove classi colte del paese il fermento della libertà e dell'indipendenza nazionale, cui i granduchi erano contrari (essendo legati alla politica austriaca).
L'opinione pubblica, quindi, comincia progressivamente a distaccarsi da essi. Nel 1819 Giampiero Vieusseux fonda a Firenze l'omonimo gabinetto di lettura e di discussione, che diventa ben presto il centro delle nuove idee basate sul desiderio di indipendenza nel quadro di una Italia unitaria. Firenze, per la forza di queste idee ed anche per la sua eccezionale tradizione, torna ad essere il centro intellettuale d'Italia ed uno dei più importanti d'Europa.
A Firenze soggiornano tutti gli ingegni della Giovane Italia (tra i quali Foscolo, Manzoni, Leopardi, Tommaseo), ma anche illustri stranieri come Chateaubriand, Shelley, Byron, von Platen. Dal 1824 il nuovo granduca Leopoldo II si sforza di fare della Toscana uno Stato moderno bonificando la Maremma, stimolando i commerci di Prato e di Livorno ,sovvenzionando la costruzione di linee ferroviarie e, addirittura, facendo costruire tra Firenze e Pisa (nel 1846) la prima linea telegrafica d'Italia. Ma tra Leopoldo e il suo popolo si è aperto un solco non più colmabile. Durante la sollevazione del 1848 il granduca fugge a Roma e poi a Gaeta.
L'anno dopo torna a Firenze con l'appoggio delle truppe austriache, ma dovrà rassegnarsi ad un esilio definitivo quando, nel 1859, scoppia la guerra tra il re di Sardegna (sostenuto dalla Francia) e l'Austria.
A Firenze si costituisce un governo provvisorio e, nel 1860, viene organizzato da Bettino Ricasoli un plebiscito che sancisce l'annessione dell'intero paese al regno di Sardegna-Piemonte. Così il 16 aprile 1860 Vittorio Emanuele II fa il suo ingresso i Firenze, che abbandona coscientemente la propria tradizione di libertà per confluire nella grande patria comune. La città si afferma immediatamente come uno dei centri essenziali dell'Italia unita. Nel 1861 viene allestita a Firenze la prima esposizione italiana dell'industria e dell'artigianato. Nasce il quotidiano "La Nazione", dal titolo significativo. Qualche anno più tardi (nel 1865) Firenze diviene la prima capitale del regno d'Italia. Pochi anni dopo, tuttavia, la capitale e il governo si trasferiscono a Roma, e Firenze ridiviene un centro regionale dove hanno sede l'arcivescovo, una Corte d'Appello, un comando di corpo d'armata, un Provveditore agli studi.
Dato che la Toscana è un paese essenzialmente agricolo, Firenze è soprattutto un grande mercato di vino, di olio, di granaglie e di bestiame. Si sviluppano, però, anche alcune industrie importanti come la fonderia del Pignone (che utilizza il ferro dell'isola d'Elba) e la fabbrica di ottica e strumenti di precisione che prende il nome di Galileo. Frattanto Firenze si trasforma, realizzando le sistemazioni previste dall'architetto Giuseppe Poggi, tra cui la cerchia dei viali di circonvallazione.
La qualità della Università attira eminenti studiosi, grazie alla presenza dei quali Firenze continua ad essere il vero centro intellettuale d'Italia. Insieme a Milano, Firenze è anche uno dei due centri dell'editoria italiana. L'artigianato fiorentino conserva una qualità inimitabile e si esprime in prodotti come i ricami, le pelli lavorate, le ceramiche, le sculture, i mosaici, i legni scolpiti, i metalli lavorati, i vetri artistici e la celeberrima paglia intrecciata. A Prato, dalla metà del secolo, l'attività tessile assume la dimensione d'industria moderna per effetto della rivoluzione industriale che porta sostanziali innovazioni sui macchinari e sulle tecnologie.

ETA’ CONTEMPORANEA

Nel primo decennio del secolo XX la vita intellettuale in Toscana, che era stata florida nel granducato lorenese e che aveva poi ceduto un poco a Roma, Milano e Napoli, si riprese grazie a movimenti non soltanto letterari ma anche apertamente politici, promossi da riviste fiorentine di livello nazionale come "La Voce" di Prezzolini e Papini o "Il Regno" di Corradini.
L'allargamento del diritto di voto, fino al suffragio universale, irrobustì le posizioni di sinistra in molti comuni medi e rurali, mentre le forze cattoliche si accordavano con quelle liberali contro il pericolo socialista che appariva particolarmente grave a causa della crescente industrializzazione del paese (i cantieri Orlando a Livorno, i lanifici di Prato, le cartiere della Lima, l'industria di Larderello etc..).
Tuttavia i conflitti di classe, il sorgere delle prime amministrazioni comunali socialiste, l'ascesa di nuove forze politiche e il declino di altre non costituirono un ostacolo al progresso generale della regione che, come tutta l'Italia, beneficiò del periodo d'oro dei primi lustri del secolo.
La prima guerra mondiale (1914 - 1918), che sorprese la Toscana in una fase di notevole sviluppo industriale, ebbe una serie di ripercussioni economiche e politiche che dettero origine a un periodo di violente agitazioni, comuni alla maggior parte d'Italia.
Dopo il 1922 anche la Toscana si adattò alla dittatura fascista. I coraggiosi tentativi di opposizione (tra cui quello della rivista "Non mollare") si esaurirono rapidamente sotto la violenza delle persecuzioni che culminarono nel 1925 a Firenze con una serie di uccisioni. Nella seconda guerra mondiale (1940 - 1945) anche le città toscane furono esposte quasi tutte ai bombardamenti, con danni notevoli specialmente a Livorno, Pisa e Firenze. Le disgraziate vicende militari, e la sensazione del crollo imminente del fascismo, accelerarono la ricostituzione clandestina dei vari partiti e l'inizio di una lotta decisa che, dopo l'8 settembre 1943, divenne lotta contro i tedeschi. Le popolazioni toscane, sia cittadine che rurali, diedero un grande contributo di coraggio e di sangue alla resistenza, e anche in Toscana non mancarono episodi di feroce rappresaglia contro i partigiani.
Ristabilita la pace, nel referendum del 1946 la Toscana si pronunciò a larga maggioranza a favore della istituzione della repubblica. Da allora la regione ha dato un contributo notevole di uomini che hanno spesso ricoperto posizioni di primo piano nella vita politica nazionale. Sul piano economico, i successi della piccola e media industria e dell'artigianato hanno consolidato il prestigio della Toscana a livello internazionale. Ma una delle più fiorenti attività della Toscana contemporanea è il turismo, i cui punti di forza sono costituiti, oltre che dalla bellezza e varietà dell'ambiente, dalla grandezza che le hanno dato gli alti ingegni dei secoli passati. Ai ricchi viaggiatori del settecento e ai letterati, artisti ed esteti dell'ottocento si succedono, oggi, folle di turisti che vengono a contemplare alcune delle opere più meravigliose dell'uomo.
La Toscana di oggi ha conservato, modificandolo, il suo carattere universale il quale non dipende più tanto dalla espansione dei suoi mercati e dei suoi prodotti quanto dalla qualità umana dei capolavori che custodisce e dalla varia origine delle folle che la visitano.

Per i testi si ringrazia l’APT Toscana

PERSONAGGI CELEBRI DI ORIGINE TOSCANA
Aldo Palazzeschi
Amedeo Modigliani
Amerigo Vespucci
Andrea del Verrocchio
Andrea della Robbia
Antonio Meucci
Baccio D'Agnolo
Beato Angelico
Benvenuto Cellini
Bernardino da Siena
Carlo Azeglio Ciampi
Carlo Collodi
Cecco Angiolieri
Curzio Malaparte
Dante Alighieri
Donatello
Duccio di Buoninsegna
Filippo Brunelleschi
Francesco Datini
Francesco Guicciardini
Francesco Petrarca
Galileo Galilei
Giacomo Puccini
Gian Lorenzo Bernini
Giorgio Vasari
Giosuè Carducci
Giotto
Giovanni Boccaccio
Giovanni Gronchi
Girolamo Savonarola
Giuseppe Ungaretti
Leonardo da Vinci
Leon Battista Alberti
Lorenzo de Medici
Lorenzo Ghiberti
Luca della Robbia
Marsilio Ficino
Masaccio
Michelangelo
Niccolò Machiavelli
Niccolò Pisano
Oreste Del Buono
Piero della Francesca
Pietro Mascagni
Pontormo
Rosso Fiorentino
Sandro Botticelli
Santa Caterina da Siena
Vasco Pratolini

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